FAQ - Domande frequenti
Quali sono le possibili ricadute a livello socio-economico derivanti dallo sviluppo della tecnologia proposta?
Risposta
La diffusione della tecnologia HTC potrà offrire un contributo importante per la chiusura del ciclo dei rifiuti organici in modo sicuro ed efficiente. I nuovi impianti andranno ad affiancarsi a quelli esistenti, sanando una carenza infrastrutturale e contribuendo a ridurre impatti ambientali e costi per le operazioni di recupero dei rifiuti organici, con vantaggi per le amministrazioni locali ed i cittadini.
La realizzazione degli impianti produrrà nuovi posti di lavoro, così come nuovi prodotti con caratteristiche di sostenibilità.
La sede centrale italiana di Ingelia è a Lucca, ed è proprio in Toscana che saranno prodotte le sezioni di impianto necessarie per il mercato nazionale, con ricadute dirette per l’economia e l’occupazione.
Qual è il ruolo di ricerca svolto dall'Università di Pisa, da CREA e dall'Università di Trento in collaborazione con Contarina SpA?
Risposta
L’Università di Pisa, con il Settore scientifico disciplinare Chimica Industriale e Tecnologica guidato dalla Prof.ssa Sandra Vitolo, ha da due anni un rapporto di collaborazione con Ingelia e con CREO; ha inoltre avviato una collaborazione diretta con ITQ - Instituto de Tecnologia Quimica di Valencia, e sono già stati inviati studenti italiani a Valencia, e spagnoli a Pisa, per approfondimenti e preparazione di tesi di laurea sulla tecnologia di carbonizzazione idrotermale e sul processo Ingelia.
L’Università di Trento sta svolgendo una sperimentazione, su incarico di Contarina SpA. Il progetto è stato avviato per sperimentare la tecnologia HTC che consente di produrre hydrochar, biocarbone che può essere utilizzato come vettore energetico, con l'obiettivo di recuperare quanto più materiale possibile derivante dal trattamento della frazione non riciclabile. in uscita dai suoi impianti di trattamento in Veneto (www.contarina.it/chi-siamo/ricerca-e-sviluppo).
Lo scorso 8 Marzo, UNIPI, assieme a CREA, UNITN e la società Contarina Spa, hanno presentato una proposta di progetto di ricerca europeo, unitamente a CREO e Ingelia e altri enti quali ITQ, TTZ Bremerhaven ecc., finalizzato alla sperimentazione e certificazione di applicazioni in campo industriale ed agricolturale dei prodotti del processo Ingelia: la Lignite ed il compound fertilizzante. Il progetto si chiama NewProd e succede al progetto NewApp appena concluso.
Quali sono i centri di ricerca italiani che stanno lavorando su questa tecnologia?
Risposta
Ad oggi collaborano con Ingelia e con CREO i seguenti enti di ricerca italiani:
- l’Università degli studi di Pisa, settore di Chimica Industriale e Tecnologica del dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale;
- l’Università degli Studi di Trento;
- il CREA - Consiglio per la Ricerca dell’Economia Agraria, dipendente dal Ministero dell’Agricoltura.
Perché non vengono proposti impianti più piccoli, in maniera da ottimizzare la logistica del conferimento?
Risposta
L'obiettivo è quello di realizzare impianti puntuali sulle reali necessità dell’area in cui si insediano. L’area, in tema di rifiuti, è quella delimitata dall’Ambito Territoriale Ottimale, non quella di un Comune o di una Provincia. Questo per consentire una serie di ottimizzazioni nella gestione del servizio, di natura ambientale, economica e sociale.
Che differenza c’è tra un impianto da 2 moduli e uno da 10?
Risposta
In realtà, stante la modularità dell’impianto, un impianto da dieci reattori è costituito da dieci sezioni da un reattore ciascuna; quello da due moduli è costituito da due sezioni da un reattore ciascuna. Ogni sezione è autonoma e completa e può essere sezionata, esclusa, fermata per manutenzione, senza fermare l’intero impianto.
Di conseguenza, per quanto riguarda la parte sostanziale dell’impianto (il reattore) non c’è il rischio di scalabilità (aumento della dimensione) tipico di altre tecnologie.
Un impianto più grande avrà semplicemente un numero superiore di reattori, tanti quanti ne servono per la capacità necessaria. Le parti iniziale e finale sono comuni e devono essere dimensionate secondo i flussi attesi, con attrezzature e macchinari comunemente utilizzati.
Cosa significa ‘impianto modulare’? Qual è la capacità di trattamento minima dell'impianto?
Risposta
L’impianto è costituito, nella sezione centrale di ‘carbonizzazione’, da una serie di moduli affiancati, che funzionano in parallelo. La sezione iniziale (pre-trattamento), e quella finale (eventuale essiccamento e pellettizzazione) sono invece comuni.
E’ una soluzione molto efficiente per avere flessibilità costruttiva ed operativa, permettendo di sezionare l’impianto senza necessità di fermarlo anche durante le operazioni di manutenzione. Consente inoltre di adattare più facilmente il lay-out dell’impianto agli spazi disponibili.
La capacità minima è quella di un impianto mono-reattore, tipicamente per 6.000 tonnellate di rifiuto l'anno (valore che può variare leggermente in relazione all'umidità del rifiuto trattato), calcolate per 8.000 ore di lavoro anno, al netto delle manutenzioni.
La tecnologia HTC si può considerare "matura" o è ancora a livello di sperimentazione?
Risposta
La tecnologia HTC è nota da oltre 100 anni, ma solo recentemente sono stati effettuati investimenti per portarla su scala industriale.
I rischi relativi alla "non maturità" del processo sono sostanzialmente commerciali, poichè dal punto di vista tecnico e di processo non ci sono rischi non conosciuti, che possano creare danni alle persone o all'ambiente.
Le prove su scala di laboratorio sono iniziate dieci anni fa, poi sono stati realizzati impianti pilota sperimentali e, dal 2010, è stato dato corso alla progettazione ed alla realizzazione dell’impianto su taglia industriale, che è in esercizio regolare giornaliero dal 2013.
Sono disponibili i dati relativi ai test effettuati nell'ultimo triennio nell'ambito del progetto europeo NewApp, che ha dimostrato l'efficacia della tecnologia.
La conferenza di chiusura del progetto NewApp, si terrà il 12.04 a Bruxelles (http://www.newapp-project.eu)
Che impianto c’è in Spagna?
Risposta
In Spagna è in esercizio regolare da oltre tre anni un impianto con due reattori da 12.000 tonnellate, che è stato inserito nell’elenco degli impianti pubblici (pur se di proprietà privata). Questo l’impianto è stato preso a modello dalla Commissione Europea che ha anche concesso il SEAL OF EXCELLENCE per il progetto di Ingelia lo scorso 8 Febbraio 2016, riconoscendo l’eccellente qualità del percorso decennale di ricerca e validandone i risultati ottenuti.
L’impianto spagnolo lavora prevalentemente con residui vegetali perché a Valencia non è ancora in funzione la raccolta differenziata; saltuariamente riceve l’organico di Barcellona con cui sono anche state effettuate tutte le prove in seno al progetto europeo NewApp. Attualmente Valencia sta organizzando la raccolta differenziata sul proprio territorio, e ha in programma la costruzione di 4 nuovi impianti di carbonizzazione a servizio della città.
Dal punto di vista normativo i prodotti sono autorizzati?
Risposta
La lignite prodotta dal processo di carbonizzazione è conforme allo standard ISO 2950-1974 (E), nonché alla legge 75/2010 come modificata il 12/8/2015, ed alla norma EN 17725/6.
Per quanto concerne il mix di elementi fertilizzanti (acque di processo), mentre in Spagna è già autorizzato per utilizzo diretto in fertirrigazione su coltivazione di agrumi, in Italia ciò dovrà essere autorizzato.
Sarà invece possibile vendere ad aziende specializzate nella produzione di concimi organici il concentrato di elementi fertilizzanti estratti dalle acque di processo con un processo di ultrafiltrazione ed osmosi. Per la sua commercializzazione diretta come prodotto finito sarà necessario l'inserimento nell'elenco con un aggiornamento della legge 75/2010 sopracitata.
Quali sono i possibili utilizzi dell’hydrochar?
Risposta
L'Hydrochar prodotto da processo può essere utilizzato per le seguenti applicazioni:
Ammendante per terreni poveri, sabbiosi o argillosi
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come ammendante, così come da conformità alla legge 75/2010 che con l’aggiornamento del 12/8/2015 ha visto inserito con la denominazione commerciale di Biochar il carbone prodotto da pirolisi di biomasse anche residuali, con le caratteristiche e le qualità ivi indicate. Il suo utilizzo è già stato oggetto di sperimentazioni positive ed è di assoluto interesse di CREA Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'Economia Agraria, dipendente direttamente dal Ministero dell’Agricoltura, che ha avviato recentemente una collaborazione con Ingelia per la valorizzazione della lignite in campo agronomico, con specifica attenzione all’applicazione nella coltura dell’olivo e della vite.
Materia prima per la produzione di adsorbenti, filtri a carboni attivi
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base per la produzione di adsorbenti previa attivazione ed eventuale riduzione del tenore di ceneri; prove di compatibilità sono già state esperite dalla società SICAV con esito positivo.
Materia prima per la produzione di elettrodi per accumulatori o supercapacitori
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base, per le sue caratteristiche di ampia area superficiale, per la produzione di elettrodi ad alte prestazioni da utilizzarsi nella fabbricazione di accumulatori e/o supercapacitori.
Materia prima per la produzione di materiali compositi, biopolimeri
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base per la produzione di materiali compositi e biopolimeri ad alte prestazioni da utilizzarsi nella fabbricazione di numerosi prodotti innovativi (bioplastiche, tessuti con caratteristiche tecnologiche avanzate).
Materia prima per la produzione di carbon black per la produzione di pigmenti, vernici, gomma, materiali compositi plastici, fabbricazione di pneumatici
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base per la produzione di carbon black previo trattamento termico; il carbon black, o nerofumo, è un pigmento nero utilizzato in diverse applicazioni industriali, dalle materie plastiche e gomma agli inchiostri e coating.
Materia prima per la produzione di biocombustibili gassosi e liquidi nonché biolubrificanti
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base da sottoporre ad appositi trattamenti per la produzione di biocombustibili e biolubrificanti; da notare che le tecniche per queste produzioni sono un know how consolidato, ampiamente utilizzate dai primi anni venti, durante la seconda guerra mondiale e fino agli anni sessanta, anche in Italia, con lo sfruttamento del carbone del Sulcis nonché con le competenze maturate da ANIC Azienda Nazionale Idrogenazione del Carbone e quelle del premio nobel per la chimica Giulio Natta sulla gassificazione del carbone. Interessante nota è che uno dei massimi artefici della produzione di idrocarburi da carbone è stato Frederick Bergius, (anche scopritore della tecnica di carbonizzazione idrotermale su cui si è sviluppata la tecnologia Ingelia di cui CREO fruirà) , premio nobel per la chimica nel 1931 insieme a Carl Bosch.
Materia prima per la produzione di acciaio
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come materia prima di base per la produzione di coke metallurgico; in Italia già nel 1940 si diffondeva l’annuncio che le acciaierie “Terni” avevano messo a punto un procedimento per ottenere coke metallurgico dalle “ligniti nazionali“ che qui di seguito riportiamo: "Nella siderurgia il coke è una materia prima insostituibile. Ghisa ed acciaio sono sintesi di una fusione di minerale di ferro col coke- si spiega – Sino ad oggi il coke metallurgico era tratto esclusivamente dai fossili di provenienza straniera: tedeschi, inglesi, polacchi. L’iniziativa della Terni permetterà di usare a questo scopo le ligniti italiane”. Oggi il gruppo Arcelor-Mittal ha già avuto un incontro a Londra con i vertici di Ingelia manifestando l’interesse all’utilizzo della lignite prodotta con il processo proprietario di Ingelia per aumentare la sostenibilità della produzione dell’acciaio.
Combustibile per la produzione di energia
La lignite prodotta dall'impianto HTC è utilizzabile come combustibile in conformità a quanto previsto nell’Allegato X della parte V del D.Lgs 152/06, Parte I Sezione I , come descritto al punto c) del Comma 2 che recita: “c) lignite con contenuto di zolfo non superiore al 1,5% in massa”. Il contenuto di zolfo nella lignite prodotta nell'impianto HTC risulta essere 6 volte inferiore al limite di legge e pari a 0,22% pertanto ampiamente conforme al disposto sopra citato.
Si evidenzia come la Lignite prodotta secondo il processo HTC sia di grande interesse da parte degli attori industriali, in quanto permette loro di perseguire il raggiungimento di due importanti obiettivi:
- ridurre le emissioni di GHG mantenendo inalterato il processo industriale
- partecipare ad un processo di economia circolare verso la quale la Commissione Europea spinge stimola e sovvenziona.
Maggiori informazioni su queste applicazioni sono riportati nelle conclusioni dello studio condotto dall’Università di Pisa.
Qualunque tipo di biomassa entra nel processo, esce sempre lignite?
Risposta
Premesso che la carbonizzazione idrotermale produce sempre sempre un carbone, le condizioni del processo brevettato di Ingelia consentono di ottenere sempre una lignite indipendentemente dal rifiuto organico processato. Naturalmente può variare la composizione della lignite (ad esempio percentuale di carbonio e ceneri) ma sempre all'interno dei limiti stabiliti dalle norme tecniche.
Che differenza c’è tra carbone e lignite?
Risposta
Con il termine "carbone" si definisce una varietà di tipologie che si differenziano tra loro per caratteristiche chimiche, legate perlopiù dalle condizioni a cui sono state sottoposte le biomasse che ne hanno dato origine. La lignite è una forma di carbone posizionata tra la torba e l’antracite.
Che differenza c’è tra fertilizzante e ammendante?
Risposta
I fertilizzanti comprendono i concimi e gli ammendanti; questi ultimi hanno le caratteristiche di strutturanti del terreno e vengono utilizzati per recuperare terreni poveri, sabbiosi o argillosi, conferendo loro nuovamente quelle caratteristiche idrologiche che consentono di trattenere l’acqua in modo appropriato, evitando ristagni o dilavamenti rapidi, per cederla correttamente alle piante.
I concimi invece forniscono al terreno gli elementi nutrienti di cui ha bisogno o dei quali risulta carente.
Cosa esce dal processo HTC e qual è il possibile utilizzo?
Risposta
La reazione del processo produce carbone (lignite), acqua ricca di elementi bionutrienti, energia (calore):
a) il carbone è una lignite perfettamente sostituibile alla lignite fossile in applicazioni quali:
- Ammendante per terreni poveri, sabbiosi o argillosi
- Materia prima per applicazioni industriali, quali adsorbenti, filtri a carboni attivi, elettrodi per accumulatori o supercapacitori, materiali compositi e biopolimeri, ecc.
- Combustibile per la produzione di energia
b) Nell'acqua sono disciolti un insieme di elementi e di bionutrienti (azoto, potassio, fosforo) che gli conferiscono proprietà fertilizzanti. Tecnicamente possono essere classificati come "concimi complessi".
c) acqua sterile, circa 2.000 litri/ora, che residua dopo aver estratto gli elementi bionutrienti. In parte viene riutilizzata nel processo, e la parte residua può essere immessa in un'eventuale rete di acqua industriale per essere riutilizzata da attività produttive limitrofe; in alternativa può essere scaricata in conformità alla normativa vigente.
d) energia, sottoforma di calore, generato dalla reazione "esotermica", e recuperato nel processo per ridurrne il fabbisogno energetico.
Ci sono additivi chimici o altre sostanze che vengono utilizzati nel processo?
Risposta
Nel processo non sono utilizzati catalizzatori, additivi o sostanze chimiche; tutto si perfeziona con la riproduzione delle condizioni natutali di carbogenesi, cioè temperatura e pressione.
Cosa succede se entra un rifiuto contaminato?
Risposta
Bisogna sempre tenere presente che in ingresso all’impianto sono attesi rifiuti non pericolosi, di origine perlopiù domestica. Comunque, può capitare che in ingresso si trovino rifiuti indesiderati che devono essere intercettati e separati per il loro corretto smaltimento. Laddove questo non succedesse ed un rifiuto “contaminato” entrasse nel ciclo di processo le condizioni di reazione sono tali per cui se la contaminazione fosse di natura biologica (antibiotici, fitofarmaci) questi sarebbero distrutti ed eliminati grazie alla temperatura di circa 200 gradi; se, invece, la contaminazione fosse rappresentata da metalli pesanti, cadmio, mercurio, ecc, questi si ritroverebbero prevalentemente nel carbone. In natura, nel carbone sono presenti metalli pesanti ma qui vige, come per ogni elemento pericoloso, il principio di proporzionalità, vale a dire che ogni cosa può essere pericolosa o meno in base alla sua concentrazione. Pertanto il prodotto di processo sarà sempre sottoposto ad analisi per garantire la sua conformità agli standard vigenti.
Cosa entra nell'impianto?
Risposta
Il processo di carbonizzazione tratta SOLO MATERIALE ORGANICO, per il motivo che tutto ciò che non è organico NON carbonizza. Pertanto i rifiuti che saranno sottoposti a recupero con il processo di carbonizzazione idrotermale saranno gli stessi che vengono avviati agli impianti tradizionali di compostaggio, cioè la Frazione Organica della raccolta differenziata, verde e umido, scarti alimentari da attività di ristorazione o di trasformazione, digestato, scarti agrocolturali, forestali o da manutenzione del verde. Si esclude esplicitamente ogni tipologia di fanghi, compresi quelli a matrice organica come quelli biologici, perchè la produzione di carbone deriva dalla parte secca del rifiuto mentre i fanghi, sono costituiti perlopiù da acqua.
Quali sono i potenziali pericoli del processo?
Risposta
Come in tutte le attività produttive ci sono pericoli potenziali e quindi rischi per le persole che le gestiscono.
Dal punto di vista industriale il processo HTC non presenta particolari criticità, perchè i materiali, le tecnologie e i processi coinvolti sono noti e consolidati da decenni
L’area dove il rischio per gli operatori è più elevato è quella del conferimento e del pretrattamento, dove c’è movimentazione di mezzi e di merci con quello che ne consegue in termini di pericoli. Tutta l’area dedicata alla sezione di reazione è chiusa e non implica l'intervento umano se non per le operazioni di manutenzione, che sono condotte periodicamente e da personale specializzato.
Un altro potenziale pericolo è rappresentato dalla pressione (circa 20bar). In realtà, dal punto di vista industriale, si tratta di una condizione "ordinaria", e comunque l'impianto deve essere realizzato e collaudato sacondo precise regole e norme tecniche che regolano i dispositivi "in pressione" (per fare un paragone, le bombole di metano installate a bordo delle auto hanno una pressione di circa 200bar).
L'impianto è costantemente presidiato da personale tecnico di controllo, e il processo può essere arrestato in qualsiasi momento senza nessun tipo di conseguenza (l'arresto interrompe istantaneamente la reazione)
Come vengono controllati gli odori?
Risposta
Il rifiuto organico viene scaricato dal camion in un area protetta, mantenuto in "depressione" così come le successive fasi di pretrattamento (eliminazione degli indesiderati e triturazione).
Successivamente il rifiuto organico viene introdotto nel reattore che opera in ambiente stagno.
Il ridotto tempo di stazionamento dei rifiuti nell'area di conferimento, comporta spazi e volumi di accumulo molto limitati, facili da contenere in depressione e da biofiltrare opportunamente, secondo le migliori tecniche disponibili in modo da evitare qualsiasi problema di odori.
Quanta energia consuma l'impianto?
Risposta
L’energia consumata dall’impianto è di circa 90 kW elettrici e di 280 kW termici per tonnellata di rifiuto conferito. Si tratta di valori molto limitati in ambito industriale, ottenibili grazie alla particolare efficienza del processo ed alla tipologia della reazione, che è di tipo esotermico, cioè rilascia energia che contribuisce a contenere i consumi del processo.
Il processo genera emissioni dannose per l'ambiente?
Risposta
Per quanto concerne le emissioni aeree, le uniche significative presenti sono quelle della centrale di cogenerazione ad alto rendimento a metano, che fornisce l’energia per l’impianto e che, peraltro, ha dimensioni contenute, con potenze termiche a regime massime di circa 2 MW (paragonabili a quelle di un condominio di medie dimensioni).
Un'ulteriore emissione è rappresentata dall'aria in uscita dall’impianto di biofiltrazione opportunamente trattata con le migliori tecniche disponibili.
Il processo genera rifiuti?
Risposta
Il processo di carbonizzazione idrotermale non produce scarti. Se ciò che entra in ingresso è rifiuto organico lo scarto è zero. Nella pratica anche l’ottima raccolta "porta a porta" della frazione organica ha una parte di materiali “indesiderati”, rappresentata da metalli, vetro e inerti vari, che non partecipano alla reazione di carbonizzazione e che vengono separati lungo il processo per essere poi smaltiti adeguatamente ed in modo differenziato secondo le leggi vigenti. La media nazionale di indesiderati, secondo i dati di ISPRA, si attesta attorno al 5%; nel Comune di Capannori si hanno risultati migliori di circa il 20-30%.
In sintesi, eventuali rifiuti sono solo quelli presenti nel materiale in ingresso.
L'impianto genera rumore?
Risposta
L’impianto è molto silenzioso, e le fasi piu rumorose (pretrattamento) avvengono all'interno del capannone. Successivamente i rifiuti fluiscono all’interno dell’impianto in condutture isolate termicamente ed acusticamente. I valori di rumorosità rientrano nei limiti stabiliti dalle norme vigenti.
Quanto spazio occupa l’impianto?
Risposta
Una delle caratteristiche dell’impianto è la sua compattezza che, assieme alla totale modularità, ne consente l’inserimento in aree o edifici esistenti evitando, così, il consumo di suolo.
L’impianto di Salanetti sarà inserito su un’area coperta di 5.000 mq, riutilizzando e recuperando un immobile esistente in disuso nella zona industriale. Le sue dimensioni sono almeno 6 volte inferiori ad impianti di pari capacità con tecnologia tradizionale.
Cos’è il ‘reattore’ nel quale avviene il processo?
Risposta
Il Reattore è la sezione di impianto dove avviene la reazione di carbonizzazione idrotermale. Si tratta di un cilindro di acciaio a tenuta stagna che contiene al massimo 10 metri cubi di acqua e biomasse/rifiuti.
Le condizioni in cui avviene il processo, circa 200 gradi e 20 bar sono dal punto di vista industriale assolutamente "ordinarie"
Perché si parla di “carbonizzazione” ma anche di “decarbonizzazione”?
Risposta
La Carbonizzazione è il risultato del processo di recupero con la tecnologia innovativa di Ingelia: di fatto si ottiene un carbone (lignite) dalla frazione organica trattata.
Si parla però anche di Decarbonizzazione, perché questa tecnica consente di recuperare nell'hydro-char il 98-99% del carbonio costituente il rifiuto organico trattato, riducendo così il carbonio che può essere disperso in ambiente in forma di CO2.
Che differenza c’è tra l’hydrochar e il biochar?
Risposta
Hydrochar e Biochar sono denominazioni che definiscono sempre un carbone (char), utilizzate per marcare una distinzione con il carbone di origine fossile. L’Hydrochar è la denominazione che si usa in ambito scientifico per il carbone ottenuto con processo di carbonizzazione idrotermale; Biochar, invece, è la denominazione di un carbone che è solitamente un prodotto secondario di processo ottenuto con impianti di pirolisi ad alta temperatura che hanno come produzione principale un gas di sintesi (syngas), da utilizzarsi unicamente per la produzione di energia sul posto. Per il Biochar la produzione massiva è un difficile traguardo, un po’ perché come detto è un sottoprodotto di processo che è una frazione minimale rispetto alla produzione di syngas, ed un po' perché gli impianti tradizionali di pirolisi ad alta temperatura hanno necessità di trattare materiali omogenei e con il più basso tenore di umidità possibile.
Cos’è la carbonizzazione idrotermale?
Risposta
La Carbonizzazione Idrotermale è una tecnica industriale scoperta negli anni 20 che ha fruttato un Nobel per la Chimica nel 1931 allo scienziato Frederick Bergius. Bergius è riuscito a riprodurre le condizioni naturali di carbogenesi in ambito industriale accelerando notevolmente il ciclo secondo il quale una biomassa sottoposta a specifiche condizioni di temperatura e di pressione si trasforma in carbone. La nota di interesse è che questa reazione avviene in acqua liquida e quindi si riesce a carbonizzare efficientemente anche una biomassa con alto tenore di umidità quale è, per esempio, il rifiuto organico.
Qual è la procedura amministrativa autorizzativa che è stata seguita? A cosa è stato dovuto il riavvio del primo procedimento?
Risposta
La procedura amministrativa per l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto è quella ordinaria ai sensi dell’art.208 del Dlgs 152/06 in base alla conformità di quanto previsto all’art. 184ter del medesimo decreto.
Lo stop della prima procedura a Marzo 2015 fu dovuto alla ritenuta necessità di apertura di un tavolo tecnico di confronto con Rifiuti Zero, che avesse come scopo la diffusione della conoscenza della tecnologia ed una partecipazione per entrare nel merito delle attività di recupero con processo Ingelia; il tavolo, condotto da Lucense, ha colto l’obiettivo ed è stato partecipato da numerosi enti, professionisti ed imprenditori del settore specifico del waste management.
Alla fine del 2015 è stata aperta una nuova richiesta di autorizzazione, tuttora in corso.